Gio Ponti e la Superleggera: un nome, una garanzia

Gio Ponti Superleggera naming design comunciazione prodotto

Quella della famosissima sedia Superleggera fu una vera e propria sfida costruttiva vinta da Gio Ponti grazie alla fortunata collaborazione con Cassina, al connubio tra ricerca, sperimentazione avanzata e innovazione industriale e anche per merito di una comunicazione super moderna del prodotto.
L’architetto e designer milanese impiegò anni a perfezionarla: ottimizzò la sezione delle gambe sino a raggiungere il peso minimo di soli 1.700 grammi; abbinò la struttura in frassino, legno notoriamente elastico e leggero, al telaio del sedile in faggio, materiale al contrario più compatto e resistente al carico.

Una sedia e basta, ma di design

La Superleggera di Ponti si ispira alla sedia di Chiavari, la storica seduta impagliata, tipica dell’artigianato ligure, nonché uno dei capisaldi della tradizione vernacolare italiana. L’idea di reinventare questo archetipo a partire dalle sue caratteristiche, ossia leggerezza, semplicità, stabilità e bassi costi di produzione-acquisto, viene sviluppata dall’architetto a partire dal 1949, a pochi anni dalla fine del secondo conflitto mondiale e dunque in un contesto storico-sociale ideale: quello di un paese distrutto e che fa fatica a ripartire (ma che ben presto verrà “travolto” dal boom economico).

Razionale e funzionale, solida e al tempo stesso leggera, essenziale e priva di connotazioni stilistiche come fosse una sedia e basta (così la chiamava lo stesso Ponti), il nuovo prototipo ispirato alla “chiavarina” avrebbe avuto un costo contenuto per venire incontro alle difficoltà economiche della popolazione.

una sedia democratica, per tutti.

una normale sedia priva di aggettivi che torna alle sue origini, senza nessuna stranezza o caratteristica che la allontani da ciò che una sedia debba essere.

Queste erano perlomeno le intenzioni iniziali. Poi la storia ha fatto il suo corso.
La Superleggera non vinse il Compasso d’Oro (premio tra l’altro ideato dallo stesso Ponti), divenne tuttavia un’icona indiscutibile del design italiano, uno dei simboli del miracolo economico e di quell’Italia moderna e spensierata, trascinata da un crescente entusiasmo verso il consumo. Si impose dunque sul mercato non più come articolo rivolto alla massa, al popolo del dopoguerra in difficoltà, ma come oggetto cult e ricercato, venduto ad un prezzo piuttosto elevato. Una discutibile incoerenza con le concezioni originarie del progettista.

Gio Ponti Superleggera
Gio Ponti immortalato insieme al figlio, mentre sovrappone due modelli su Superleggera

Superleggera vs Thonet 91: prototipi a confronto

Nel 1951 il modello Chiavari si evolve nella Leggera: la sedia viene ridotta ai suoi elementi più essenziali, pulita nella forma e appunto alleggerita. Tuttavia la sfida continua perché lo scopo finale di Ponti e Cassina è quello di aumentare ulteriormente le prestazioni della seduta, e la tecnologia di assemblaggio e dei materiali ad essa applicata. Il percorso tra sperimentazione, studio del dettaglio e ricerca della perfezione che condusse al progetto finale n. 699 del 1957, ossia alla Superleggera, è del tutto analogo a quello compiuto da August Thonet (figlio di Michael) nel 1890, quando mise a punto la sedia n.91.

thonet 91
La Thonet 91

Ecco alcune analogie fra le due sedute.

  • La riduzione degli spessori sotto ai due centimetri: nella Superleggera le sezioni originariamente tonde diventano triangolari, mentre nella Thonet 91 sono ovoidali e rastremate.
  • L’utilizzo della canna d’India intrecciata come da tradizione ligure nella prima e “a paglia di Vienna” nella seconda; se però la struttura di quest’ultima si affida ad un unico elemento di legno curvato, nella Superleggera sono fondamentali gli incastri dei singoli pezzi, tenuti insieme proprio dalla canna indiana. Solo successivamente Cassina iniziò produrre la sedia in varianti colorate con seduta imbottita.
  • La terza analogia è legata alla comunicazione e al marketing. Sia Thonet che Cassina incoraggiano il cliente all’acquisto affidandosi a pubblicità che esaltano le caratteristiche straordinarie dei loro prodotti: leggerezza, resistenza e linee moderne.
Thonet acrobata
Human Fly (1920). L’acrobata Jammie Reynolds in equilibrio sulle Thonet. Non è una pubblicità del marchio, ma potrebbe tranquillamente esserlo.

Il potere del product naming associato all’immagine

Riprodotta ininterrottamente dal 1957, la Superleggera divenne in poco tempo un simbolo culturale e uno degli esempi più interessanti di tecnologia innovativa applicata all’arredamento. Tuttavia, ad essere complice di questo incredibile successo non furono solo il design e le prestazioni eccellenti (pesava solo 1,7 kg ed era estremamente solida e robusta), bensì la scelta illuminata del nome del prodotto unita ad una comunicazione vincente dello stesso. Parti integranti della strategia di marketing furono infatti le curiose dimostrazioni e le originali campagne pubblicitarie lanciate per promuovere la sedia e presentarla al pubblico.

Nel caso di una sedia chiamata Superleggera, il product naming (ossia la scelta/creazione del nome più adatto e rappresentativo del prodotto finalizzata all’impatto sul pubblico, alla resa commerciale e a porre un primo accento sulle sue caratteristiche peculiari) “spoilera” in effetti già tutto. Quello che manca è l’immagine o la dimostrazione di accompagnamento, che in questo caso intende proprio stupire il potenziale cliente. Poteva dunque esserci foto più azzeccata di quella che ritrae un bambino mentre solleva la Superleggera con un dito? O di una che mostra una signora mentre pesa la sedia con una bilancia a gancio?

Lo abbiamo detto, il progetto nasce in modo estremamente razionale: ogni soluzione viene attualizzata da Ponti e Cassina per motivi tecnici e strutturali al fine di migliorare un prodotto culturale italiano molto radicato nel territorio. Per questo trovo particolarmente interessante l’aspetto formale ed ergonomico del prodotto, il cui schienale viene piegato all’indietro per conferire al modello, comunque ispirato al passato, una linea più moderna e slanciata. Una caratteristica che, insieme alla robustezza, viene esibita nella foto che ritrae una donna mentre si dondola sulla sedia.

superleggera Gio Ponti

Si dice anche che Gio Ponti abbia sottoposto la Superleggera ad un bizzarro collaudo (o crash test?), gettandola dal quarto piano dello stabilimento. L’epilogo? Piuttosto ovvio, la sedia rimbalzò come una palla, mica finì in mille pezzi!

(D’altra parte, era una super sedia).