Un nuovo inizio
Scorrazzando fra i meandri di una disciplina complessa e articolata come quella dell’architettura mi sono ritrovata nella condizione di dover dare un nome e un cognome alla mia attività; a pormi, in cerca di etichette, questa semplice quanto scomoda domanda: che architetto sono?
Sarò sincera, il progetto, il cantiere, le pratiche edilizie e tutto quello che può essere considerato “la prassi” del costruire, non sono mai state “la mia tazza di tè”. Dopo la laurea scelsi infatti la nicchia, e lo feci di corsa: mi formai in rappresentazione e modellazione computazionale, imparai artifici digitali e tecniche 3D che al tempo sembravano quasi stregoneria. Fui tanto impulsiva quanto fortunata. Finii a lavorare presso grandi studi: ad aiutare architetti e designer a visualizzare le proprie idee, a renderle verosimili e convincenti, come dei fake della realtà difficili da riconoscere.
Dopo 10 anni di lavoro assennato in questo settore mi resi sfortunatamente conto di aver artefatto anche la mia di realtà. Di essermi disconnessa dal mondo fuori dallo schermo, quello a cui appartenevo. La morte della mia più cara amica, i problemi di salute sino a quel momento ignorati e una pandemia globale alle porte, furono verità spietate che giunsero inesorabilmente tutte insieme. La mia vita, come quella di moltissime altre persone, aveva appena subito un trauma, ma era paradossalmente tornata online. Decisi così di cambiare le cose, di dedicarmi alla scrittura e alla narrazione, di regredire dall’immagine al testo, dal video all’audio, dal disegno alla parola. E in un momento storico in cui tutto il mondo condivideva ogni cosa con ogni mezzo, io scelsi di raccontare l’architettura nella modalità più introversa, contraddittoria e sconosciuta di tutte: attraverso il podcast.
Con il tempo mi resi conto che quella che sembrava essere una pazza inversione a U su una doppia striscia continua, era in realtà solo una sterzata per evitare una buca lungo il percorso … non un cambio di direzione.
Del resto, a me piaceva comunicare l’architettura. E lo facevo da sempre.
Ero sempre stata un’architetta di carta.
Architettura di carta: significati e metafore.
Scorrazzando fra i meandri di una disciplina complessa e articolata come quella dell’architettura, mi sono ritrovata nella condizione di dover dare un nome e un cognome alla mia attività … e l’ho chiamata architettura di carta. (No, non è un errore, ho voluto ricominciare da capo per riprendere il filo).
Mi affascinava per i suoi molteplici significati, per le sue origini particolari, persino per la sua accezione negativa: pensiamo a Zaha Hadid, a lungo chiamata l’architetta di carta perché per circa dieci anni non costruì quasi nulla.
Dietro a questo titolo, nel quale mi rispecchio in qualità di “progettista mancata”, si celano però uno spirito diverso e occasioni di valore: l’idea di poter condividere l’architettura attraverso l’arte dello storytelling, e di avvicinare, coinvolgere, appassionare un pubblico più ampio, non per forza composto da addetti ai lavori.
L’architettura di carta possiede indiscutibilmente una natura ideale e astratta: nasce in Russia tra gli anni Settanta e Ottanta come movimento concettuale basato su progetti visionari, pensati per “costruire un mondo parallelo capace di andare oltre le limitazioni contingenti della realtà” ma al tempo stesso ideati per rimanere sulla carta. In Giappone si fa invece più concreta indossando prima le vesti dall’arte dell’origami, poi del kirigami (la scultura pop-up) e, nel caso di Shigeru Ban, diventando un vero e proprio materiale da costruzione.
Nel mio caso, l’architettura di carta è più una figura retorica. Fa riferimento alla scrittura (senza la quale non potremmo dare una voce alle storie) e al foglio di carta come superficie da riempire. Evoca l’azione di comunicare l’architettura rendendo altrettanto tridimensionale un racconto fatto di parole.
In apertura: Neighborhood Arrangement #1: Circle by Stephanie Beck. Exposition-atelier “Architectures de papier”. Galeries Forum Meyrin (Suisse). Photo: Cité de l’architecture & du patrimoine via Flickr